Contributi sulla GIUSTIZIA

 

In un mondo così complesso è difficile dare una semplice definizione su "Giustizia". Per ora mi limiterei a ribadire una dell beatitudini: "Beati gli operatori di giustizia..." e continuerei ad approfondire il concetto.


Michela, 29 novembre 2014

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Il contributo sulla giustizia pubblicato nel sito per lanciare la Babele di questo mese è molto bello e originale, con la rappresentazione di questa grande ospite della nostra vita e del nostro pensiero come figura femminile. Aggiungo solo in modo molto essenziale cosa ci dicono le Scritture bibliche su questa "donna": che è sedaqà, cioè equità e quindi virtù che, ove vissuta, conduce alla capacità di condivisione, di tendenza all'azzeramento dei disequilibri nella distribuzione delle ricchezze e dei beni di questo mondo. E' regina dei messaggi dei profeti biblici e viene fortemente ripresa dalla Chiesa nella sua dottrina sociale, che pone al centro già con Pio XI l'idea della destinazione universale dei beni che Dio come Padre ha destinato a tutti i suoi figli, nessuno escluso; e che per questo esige solidarietà, sussidiarietà, equità appunto. L'istituto ebraico dei giubilei aveva propria la funzione primaria di azzerare le ingiustizie, le inique accumulazioni di beni concentrati in mano di pochi, per restituire questi beni a tutti. Come quando Gesù ci invita a "farci amici con le disoneste ricchezze perché ci accolgano nelle dimore eterne", a non trattenere ricchezze in eccesso per noi perché la vita poi ci viene tolta quando meno ce lo aspettiamo. Tra profeti biblici e vescovi di Roma, anche i Padri della Chiesa (come ci ricorda Maria Grazia Mara nel suo bel volume "Ricchezza e povertà" nel cristianesimo antico) insistono su questa esigenza fondamentale di condivisione, pur senza dare misure predefinite, ma insistendo sul valore della libertà di coscienza di ognuno su quanto dare, peraltro secondo l'insegnamento apostolico di Paolo che invita a dare e dare con gioia, quindi fissando da dentro di sé la misura di questo dono in modo che sia davvero gioioso.

Antonella J., 29 novembre 2014

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Dopo la stupenda esposizione relativa alla GIUSTIZIA, Emanuela M., spinta dal desiderio di “sapere”, fa la seguente domanda:
“Ditemi voi, adesso, se la Giustizia è veramente qualcosa di innato, insito nel cuore dell’uomo, o  qualcosa di convenzionale, che ha a che fare con la cultura dell’individuo in cui risiede questa scomoda “donna”, e se è una possibilità o un dovere svilupparla, dando la possibilità al soave canto di questa placida signora di irrigare le nostre membra ed il cuore del mondo”.

Cosa possiamo o può ognuno di noi se non andare alla ricerca, lente di ingrandimento alla mano, di ciò che la Fonte principale ci mette a disposizione?

Nella Bibbia la parola "giustizia" significa rettitudine morale, conformità alla volontà di Dio: significa "essere amici di Dio". Non lo diceva anche il nostro santo Poveda? In questo senso viene usata la parola "giusto", applicandola, per esempio, a Giuseppe, sposo di Maria.

Giustizia, comunque, non è qualcosa che si acquisisce gradualmente. Diventiamo giusti nel momento che crediamo nel Signore Gesù Cristo e nella Sua resurrezione dalla morte. Esso è un DONO, no qualcosa che si guadagna in cambio di opere ( “l’uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge” ( Romani 3:28 ).

La «giustizia» di Dio si manifesta nella storia di liberazione dei figli di Israele dall’Egitto. Egli è «il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe» con i quali ha stretto un’alleanza eterna. Con il suo intervento a favore degli oppressi nella terra di Egitto il Signore è «giusto», cioè fedele al suo impegno di alleanza. In altri termini la «giustizia» di Dio coincide con la scelta libera di solidarietà con gli oppressi per la loro liberazione. Anche la giustizia di carattere giuridico e forense nei testi biblici è subordinata a questa prospettiva della «giustizia» come qualità dei rapporti tra le persone. Il «giudizio» di Dio esprime la sua signoria sul mondo. Egli interviene per difendere i giusti oppressi. Perciò nel giudizio «giusto» condanna i malvagi oppressori e violenti. In breve la «giustizia» nei testi biblici indica un atteggiamento di fedeltà e stabilità di rapporti verso gli altri nell’ambito della comunità.

Secondo sant'Ambrogio, "la giustizia si riferisce alla società e comunità del genere umano", è qualcosa che regola i rapporti tra le persone. Noi tutti ci accorgiamo dell'importanza di questa “virtù”, per la quale si può addirittura morire: basta pensare a magistrati come Falcone e Borsellino, per avvertire tutta la drammaticità del tema della giustizia.

Il Nuovo Testamento insiste molto su questa giustizia più grande: "Se la vostra giustizia non sarà più grande di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli", (Mt 5, 20). È una giustizia che si esprime nell'amore: "Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge" (Rm 13, 8).

È una giustizia che si esprime nel perdono: "Amate i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano" (Mt 5, 44).Questa è la mirabile costruzione umano-divina della giustizia, che cogliamo dalle parole di Gesù che nel discorso della Montagna aggiunge: “Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5, 6).

Chi non desidera un mondo più giusto? Tutti quanti possiamo invero illuderci di rientrare all’interno di questa beatitudine. Ma chi comprende davvero le parole di Gesù? Una cosa è infatti la giustizia come la intendiamo noi e un’altra cosa è la giustizia come la intende Gesù: superfluo perfino dire che la giustizia come noi la intendiamo non sarebbe foriera di beatitudine se non corrispondesse alla giustizia come la intende Gesù. Ciò mi riporta al dialogo di Gesù con un giovane che cerca di essere perfetto.
Egli chiede a Gesù: «Ma allora il desiderio di perfezione e l'umiltà sono ostacoli a divenir perfetti? » «No, figlio. Il desiderio e l'umiltà non sono ostacoli. Bisogna anzi sforzarsi di averli profondi, ma ordinati. Sono ordinati quando non hanno frette inconsulte, accasciamenti senza ragione, dubbi e sfiducie quali quelle di credere che, data la imperfezione dell'essere, l'uomo non possa divenire perfetto. Tutte le virtù sono necessarie, e lo è un vivo desiderio di giungere alla giustizia. » Tu, Maestro, spiegami quale è la virtù indispensabile. » « É la carità. Se amerai sarai santo perché dall'amore per l'Altissimo e per il prossimo vengono tutte le virtù e tutte le opere buone. » «Sì? Così è più facile. La santità allora è amore. Se io ho la carità ho tutto... La santità è fatta di questo. » «Di questo e delle altre virtù. Perché la santità non è essere soltanto umili, o soltanto prudenti, o soltanto casti e così via. Ma è essere virtuosi».

«Ah! ecco! Allora è molto giusto dire che l'uomo è fatto per essere perfetto come Dio vuole». Giustizia, quindi, è Carità, anche Lei donna.



Pino M., 18 novembre 2014

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