GIUSTIZIA: scomodaMENTE donna


Durante le prime ore di un afoso pomeriggio di Agosto, fui presa in ostaggio da una delle panchine della mia città e mi lasciai ipnotizzare dalle foglie cullate dal vento che giocavano a rincorrersi. Risuonava alle mie orecchie, rimbombando prepotentemente nella testa, una parola: GIUSTIZIA.

Non riuscivo a capire per quale ragione il mio cervello si fosse bloccato su un termine tanto abusato. L’avevo sentita pronunciare milioni di volte, in contesti sempre diversi ed allo stesso tempo sempre uguali. Dopo un tempo indefinito, durante il quale speculai al riguardo, compresi che quella non era una parola e basta; un concetto, forse, o un’idea, ma sicuramente era qualcosa di molto più grande, che avevo l’impressione di non incontrare da troppo tempo. Pensai che Giustizia fosse fuggita a nascondersi da qualche parte nel mondo, stanca delle troppe chiacchiere della gente sul suo conto e non solo. Così mi chiesi: “se qualcuno mi proponesse l’ardua impresa di trovare Giustizia, dove andrei a cercarla?”

Poiché sono una giovane avventuriera, decisi di scommettere su questa follia e la sera stessa partii con un unico scopo: trovarla!

Dopo giorni di cammino tra fitti boschi, ruscelli scroscianti e praterie sconfinate, non ero riuscita a trovare il nascondiglio di quella birichina. Stanca ed assetata mi sedetti su una roccia vicina e nel momento esatto in cui le mie mani toccarono la pietra, una spinta energica, partita dalle ginocchia, mi fece sobbalzare ben dritta e con i piedi piantati per terra.

“Eureka!”

Avevo sbagliato tutto! Pensavo di trovare Giustizia al tramonto, sulla linea dell’orizzonte, quando, invece, questa si trova un attimo prima dell’aurora, tra la gente.

Tornai sui miei passi ed interrogai chiunque incontrassi sul mio cammino, senza distinzioni di età, sesso o nazionalità.

Le discussioni con i miei interlocutori vertevano principalmente su due quesiti alquanto vaghi, sui quali precedentemente mi ero interrogata: Dov’è la Giustizia? Cos’è la Giustizia?

Durante ogni conversazione avevo la possibilità di assistere a tre momenti ben individuabili. In un primo momento, la stragrande maggioranza sgranava gli occhi al pensiero di parlare di Giustizia; immediatamente dopo, però, balenava sulle labbra qualche parola esitante, dando brevi risposte dozzinali suggerite dai tormentoni dei “discorsi da corridoio”, fin quando, speculando e ragionando, si giungeva a concetti di gran lunga superiori.

E’ in quei momenti che ho incontrato Giustizia o mi è stata indicata la direzione verso cui cercarla.

Senza dubbio mi è servito a capire che effetto fa alla gente parlare di questa “donna silente”.

Pochi credono in lei, ma tutti la cercano!

A molti sarà capitato di interrogarsi in merito alla giustizia posta in varie questioni e situazioni. «E’ giusto che un amore o un’amicizia finisca?» Ci chiediamo dov’è la giustizia quando perdiamo una figlia, un marito, una madre, un fratello: è sempre difficile accettare la perdita o comunque il distacco dalle persone che più amiamo ed è per questo che corriamo ai ripari nei modi più soggettivi e disparati, ma  fondamentale, per questa scelta, è quello in cui crediamo.

I Nomadi, con il testo della canzone “Salve sono la giustizia”, offrono una gran bella immagine della ricercata, la quale conclude dicendo: «chiamami ancora più forte, mi troverai dentro il tuo cuore». Effettivamente quasi tutte le persone con le quali ho parlato sostengono che Giustizia si trovi dentro di noi, ma è veramente lì che la cercano?

Ognuno interpreta il concetto di giustizia oggettiva a suo modo: una ventitreenne, per esempio, ritiene che essa sia un valore che si fonda sul rispetto di tutte le persone, animali e cose e che solo grazie al fatto che si trovi all’interno di alcuni individui può manifestarsi attraverso i pensieri, le parole e le azioni; dietro qualunque genere di Istituzione, anche quelle giuridiche, ci sono degli uomini; se questi sono giusti, lo sarà anche il loro operato.

Giunti a questo punto, vorrei porvi una domanda: tutto ciò che viene fatto in Giustizia è giusto, ma tutto ciò che “è giusto” coincide con la Giustizia?

Per chiunque sembra più semplice capire cosa sia giusto che individuare una definizione di Giustizia.

Troppi giovani, tra quelli che ho incontrato, sostengono che non esista una giustizia oggettiva; uno di questi sostiene che siano le esperienze a plasmare il nostro senso di giustizia ed è per questo che esso è assolutamente soggettivo. Trentenni, ventenni, quarantaduenni, sessantottenni e non solo, esponendomi la loro realtà mi hanno mostrato parte del “buco nero” che sentono crescere dentro di loro; come può esserci giustizia in un luogo in cui, per svariati motivi, non tutti possono perseguire i propri sogni ed anche quando sei così fortunato da avere certe possibilità, studi per anni, per poi rimanere disoccupato o precario almeno tanti anni quanti sono quelli che hai speso per studiare? Capisco perfettamente  la loro ricerca di onestà, oggettività, meritocrazia, legalità, uguaglianza e di tutte le centinaia di cose di cui le nostre società necessitano e comprendo anche che è difficile sforzarsi per valorizzare ciò che c’è di buono in un luogo in cui è più semplice trovare un pizzico di ingiustizia in ogni cosa, che un pizzico di giustizia, ma è soprattutto a questi cuori amareggiati che voglio ricordare che Bob Dylan scrive: “Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza anche quando il mare è cattivo ed il cielo si è stancato di essere azzurro”.

Lamentarsi e basta non serve a niente!

Solitamente la logica del Bene, del Vero e del Bello non coincidono con la logica dell’utile e, purtroppo, è così anche per la logica del Giusto. Ma in un mondo ideale, totalmente impregnato di Giustizia, non credete che la logica dell’utile e quella di Giustizia coinciderebbero?

Un viandante sedicenne, incrociato sulla mia via, rispose alle mie domande affermando che l’unico posto in cui è possibile trovare Giustizia sono le storie inventate, perché chi le scrive applica la sua idea su un mondo. Nessun individuo che agisce nella società può applicare la sua idea di giustizia su un mondo intero, cosa che invece un narratore può fare. Come tantissimi mi hanno detto, ognuno possiede idee diverse e di conseguenza una differente concezione di giustizia, spesso eccessivamente personale ed egoistica. Secondo un ventinovenne, il concetto di Giustizia, quella che riassume tutte le possibili tipologie di giustizia (divina, morale, terrena), è riconducibile e sintetizzabile con  il comandamento dell’Amore lasciatoci da Gesù. Specialmente quando egli dice: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Se ci amassimo gli uni gli altri e non facessimo agli altri quello che non vorremmo che venisse fatto a noi, non vedremmo Giustizia come una chimera ed il suo raggiungimento sarebbe più immediato.

Giustizia è il prodotto di idee universali. Se tutti ragionassero allo stesso modo e quindi avessero la stessa idea di giustizia, si potrebbe parlare di Giustizia assoluta. Ma qui entra in gioco la multiculturalità: esistono migliaia di esempi per cui  un determinato fatto sia “giusto” per un individuo di una data cultura ed assolutamente “ingiusto” per un individuo di cultura differente. Quando si parla di giustizia, ritorna continuamente il concetto di cultura; poiché ogni uomo è soggetto all’etnocentrismo (convinzione secondo cui la propria cultura è la migliore). Ma allora la giustizia assoluta dov’è andata a finire? L’ha scovata un settantacinquenne, sostenendo che Giustizia non ha alcun luogo, poiché è un principio etico che SI DEVE rispettare nell’interazione tra gli esseri umani. Un ventiseienne aggiunge che essa permette non soltanto una civile convivenza, ma anche di stare bene con se stessi. Sembra che quello della giustizia sia un principio innato, ma il sessantacinquenne nel corso del colloquio si ritrova ad ammettere che le ambizioni portano l’uomo ad allontanarsi dal proprio senso di giustizia, quindi ancora una volta la percezione della giustizia assoluta vacilla.

Socrate, il quale considera la Giustizia una virtù, all’inizio del “Protagora”, mette in dubbio che sia possibile insegnare la Giustizia, poiché neanche i padri sono capaci di farlo con i figli; Protagora, però, risponde che la Giustizia fu distribuita a tutti gli uomini da Ermes per volere di Zeus, preoccupato per la sorte dei mortali; quindi tutti ne sono provvisti. Al contempo, per evitare che l’uomo torni alla condizione ferina, i genitori educano i figli a questa virtù. Essa, quindi, è insegnabile e chiunque è in grado di apprenderla. Sicuramente qualcuno sarà meno virtuoso di altri, ma ciò non implica che questi non possegga la virtù.

Ditemi voi, adesso, se la Giustizia è veramente qualcosa di innato, insito nel cuore dell’uomo, o  qualcosa di convenzionale, che ha a che fare con la cultura dell’individuo in cui risiede questa scomoda “donna”, e se è una possibilità o un dovere svilupparla, dando la possibilità al soave canto di questa placida signora di irrigare le nostre membra ed il cuore del mondo.

Emanuela M.

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