Contributi sul BENE COMUNE


Se ogni “soggetto” che si propone come rappresentante del popolo, e che il popolo elegge, si convincesse che è stato eletto quale tutore e fautore del bene comune forse, se onesto e credente in un Ordine superiore che ha creato tutto “per il bene di tutti” e non solo per chi comanda, già si potrebbe considerare di essere entrato nella via che porta al bene comune.
Sì, perché il bene comune comporta la consapevolezza che si tratta di un bene che riguarda ogni cittadino, inteso tale in quanto persona e soggetto di diritti; e dal fatto che naturalmente è soggetto anche di doveri deriva che il bene si fa comune perché ogni cittadino fa parte di una comunità, si spera armonica, di diritti e di doveri.
Sì, perché il bene comune non riguarda soltanto i diritti e i doveri dei cittadini, ma in particolare il contesto ambientale che, categoricamente, non si può mettere al servizio del vantaggio economico.
Bene comune vuol dire rispetto dell’ambiente, perché l’ambiente è la prima casa di ogni cittadino.
Bene comune vuol dire rispettare il respiro profondo del cittadino, nella sua dimensione  umana e sociale, parte indivisibile dell’Umanità. E l’Umanità non è soggetta a spartizioni di potere né politico né religioso. L’Umanità è patrimonio di tutti, accessibile a tutti, prerogativa di tutti, purché ciascuno se ne senta responsabile, responsabile di essere Uomo o Donna, in quanto essere “umano”.
Purtroppo però  il bene comune è rimasto solo una parola di convenienza in occasione di programmi elettorali, specie quando lo si usa nel senso peggiore del termine.
Il bene comune è un bene prezioso, è l’amore totale al proprio paese, così totale che lo devi dividere tutto per ciascuno degli abitanti. Non solo un pezzo per ciascuno, ma ogni pezzo deve far parte del tutto.
Il bene comune, inteso come tale, lo si deve prima amare, farlo proprio, lasciarlo palpitare dentro, farlo pulsare con i battiti del proprio cuore.
Il bene comune va affidato e sostenuto grazie alle coscienze responsabili della comunità prima che ai titolari di uffici burocratici.  
Il bene comune è al di sopra delle amicizie personali, addirittura degli affetti familiari.
Purtroppo, la cosa che oggi spaventa maggiormente è il constatare un grande squilibrio tra la materialità e l’anima, tra l’avere e l’essere, tra lo sviluppo economico e la crescita morale. Il bene comune, ricordiamolo, ha come finalità l’Uomo, svestito di ogni schema ideologico.
«Il bene comune rimanda ad un noi, ad un “nostro” che, per definizione, non è mio: un bene che è di tutti perché non è proprio di nessuno. Se volessimo usare una metafora, dovremmo dire che il bene comune non nasce da una somma di tanti “privati”, ma da una sottrazione, dove ciascuno retrocede dal proprio, rinuncia cioè a qualcosa di privato, e tutti assieme costruiamo il bene comune che poi, in un secondo momento, si rifletterà anche nel bene individuale di tutti. C’è, però, bisogno di un passaggio attraverso un “non”, o un sacrificio, senza il quale non si dà vita ad alcuna forma di bene comune.
L’economia moderna, invece, ha seguito, fin dalla sua nascita, una strada che l’ha allontanata radicalmente dalla tradizione del bene comune. Il “bene comune” che ha in mente l’economia moderna, non è generato da chi se lo prefigge come obiettivo diretto e intenzionale, ma, piuttosto, da chi cerca, con prudenza, il proprio interesse personale indifferente al bene degli altri. L’economia moderna nasce ancorata all’idea di bene immune, che si sostituisce a quello di bene comune: il bene dell’economia (ricchezza, sviluppo, consumo) non richiede nessun rapporto tra le persone; anzi è bene che questo rapporto non ci sia, se si vuole raggiungere l’efficienza: “non ho mai visto fare qualcosa di buono da chi si prefiggeva di trafficare per il bene comune”, commentava Adam Smith come corollario del suo teorema della “Mano Invisibile” nella sua Wealth of Nations (1776) (Una inchiesta sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni)».
Il bene comune, invece, è essenzialmente un rapporto tra persone mediato dalle cose consumate, l’opposto del bene pubblico che è un rapporto tra l’individuo e la cosa, senza nessun bisogno di un “tra”, di un rapporto tra i consumatori coinvolti nell’atto del consumo. (Prof. Bruni) «Ciò significa che il bene comune è qualcosa di indivisibile, perché solamente assieme è possibile conseguirlo, proprio come accade in un prodotto di fattori: l’annullamento di anche uno solo di questi, annulla l’intero prodotto. Essendo comune, il bene comune non riguarda la persona presa nella sua singolarità, ma in quanto è in relazione con altre persone. Il bene comune è dunque il bene della relazione stessa fra persone, tenendo presente che la relazione delle persone è intesa come bene per tutti coloro che vi partecipano. Comprendiamo allora la profonda differenza con il bene totale: in quest’ultimo non entrano le relazioni tra persone e, di conseguenza, neppure entrano i beni relazionali, la cui rilevanza ai fini del progresso civile e morale delle nostre società è ormai cosa ampiamente risaputa. Del pari diffusa, nel lessico politico ed economico corrente, è la confusione tra bene comune e interesse generale, come se i sostantivi bene e interesse, da un lato, e gli aggettivi comune e generale, dall’altro, fossero sinonimi. Eppure, generale si oppone a particolare, mentre comune si oppone a proprio. Nel bene comune il bene che ciascuno trae dal suo uso non può essere separato da quello che altri pure da esso traggono». (Prof. Zamagni).
Don Ciotti ci ricorda che “nel Vangelo c’è la Buona Notizia se la vogliamo cogliere, farla nostra per liberare la politica, perché per chi assume ruoli di responsabilità, nel nostro cammino, o la responsabilità diventa servizio e fa stare bene, oppure diventa potere che crea divisioni, conflitto, inimicizia. E divisione, nel greco, vuol dire rottura dell’amore.
E noi oggi abbiamo degli esempi dove la politica, quella politica, è veramente rottura dell’amore, è conflitto, è divisione, è inimicizia.
Ma partiamo dalle nostre responsabilità, dall’assunzione della nostra responsabilità che o è servizio o diventa potere. Se diventa potere, allora viaggiamo veramente su un’altra misura e su un’altra strada”.
Io, noi, quelli che siamo Chiesa, cristiani, cosa consideriamo più importante, il bene comune, a partire da quello spirituale o i nostri beni?



Pino

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